Roseto degli Abruzzi
Roseto degli Abruzzi prima si chiamava Le Quote, ma faceva parte del ben più antico Montepagano, ribattezzato Rosburgo mediante un decreto del maggio 1887 di Umberto I, Re d'Italia. Comunque sia, il nome fu ideato dal medico umanista Ciro Romualdi usando la lingua persiana ma il nome Rosburgo durante la Prima guerra mondiale divenne insopportabile ai soldati e pure ai civili italiani in quanto apparentemente tedesco (ma ripetiamo, nelle intenzioni non lo era). E durante e dopo la terribile Prima guerra mondiale contro austriaci e tedeschi, che fece una caterva di morti e invalidi, agli italiani tutto ciò che pareva tedesco faceva venire il fumo agli occhi, e figuriamoci il nome di una località italiana. Si racconta che i soldati, affacciati ai finestrini dei treni che li conducevano al fronte, appena vedevano nella stazione ferroviaria il cartello con quel nome insorgessero con insulti e fischi. Per questo motivo Mussolini nel 1927 cambiò il nome in Roseto, aggiungendovi "degli Abruzzi" per non confonderlo con altri sparsi nella Penisola, per via della grande varietà di rose e oleandri (difatti chiamavano la località anche Borgo delle Rose o Lido delle Rose) che in passato ornavano le strade e i balconi delle abitazioni del centro abitato, che iniziò a svilupparsi negli anni '60 dell'Ottocento proprio intorno a quella ferrovia. Per quanto riguarda il già citato Montepagano, poi divenuto la più antica frazione di Roseto degli Abruzzi, sorge sulla collina che fronteggia la città e conserva tracce delle antiche fortificazioni medievali grazie alle quattro porte d'ingresso.
Da vedere a Montepagano anche la Chiesa dell'Annunziata, edificata all'inizio del Seicento a sostituzione di un più antico tempio in rovina. La chiesa è identica a quella di S. Lucia di Grottammare voluta da papa Sisto V; entrambe le chiese, poco distanti anche cronologicamente, sono una delle tante rielaborazioni del modello offerto dalla chiesa del Gesù a Roma. L'interno, architettonicamente semplice e austero, è arricchito da diverse opere d'arte: tra le altre, la più preziosa è un interessante gruppo scultoreo ligneo databile per confronti stilistici al XIV secolo. Giacché vi trovate in altura, potreste fare visita a una delle tante cantine ospitate su queste colline, che tra vigneti e uliveti danno prodotti ormai rinomati in campo internazionale. La cucina locale è senza dubbio allo stesso livello, cosa però che non parrebbe causare problemi di pinguetudine alla gioventù locale: è dal 1945 che in loco si svolge il Trofeo Lido Delle Rose, qui definito il più antico torneo estivo di pallacanestro d'Europa e forse del mondo – ma non è vero, il primo si tenne nel 1935 a Ginevra, in Svizzera (e l'anno dopo alle Olimpiadi di Berlino, in agosto) – , al quale sono legati numerosi aneddoti e alcune delle pagine più prestigiose del basket dal dopoguerra ai giorni nostri, come la prima sconfitta della nazionale dell'Unione Sovietica da parte di quella d'Italia, avvenuta proprio a Roseto presso l'Arena Quattro Palme il 7 agosto 1976. Roseto degli Abruzzi è una frequentata località balneare grazie al bel lungomare con pini secolari e pittoresche palme, all'ampia spiaggia sabbiosa lunga 10 km e al mare pulito premiato da anni e con fondali bassi, ideali soprattutto per i bambini. Fra le varie manifestazioni è da segnalare la "Mostra dei vini tipici", che si svolge a Montepagano. Roseto degli Abruzzi è inserito nella strada del vino denominata Colline del Ducato e che comprende zone di produzione dei vini tradizionali come Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo, ma anche Moscato, Chardonnay e Passerina, quest'ultimo è un prodotto tipico della zona ottenuto da uve bianche, particolarmente adatte all'invecchiamento. Una curiosità: nella storica cantina della Villa Mazzarosa De Vincenzi si possono ammirare gigantesche botti per il vino, ancora oggi in uso, fra cui la più grande d'Europa avente una capienza di 100.000 litri.
Roseto degli Abruzzi (nonché Giulianova, Atri ossia nell'immediato entroterra, e Roma) fu una delle location della miniserie televisiva in due puntate, andata in onda su Rai1, Ma chi l'avrebbe mai detto (2007) di Giuliana Gamba e con Ornella Muti, Katia Ricciarelli, Kledi Kladiu e Maurizio Ferrini. Le riprese di Roseto riguardarono i due tratti del lungomare, ossia il Roma e quello detto Trento, nonché la Villa Comunale. Quest'ultima, un tempo proprietà privata e chiamata Villa Ponno, risale al 1890 e si ispira all'elegante Villa Sambuy di Torino. Ha un grande parco, con alberi secolari. Oggi ospita la pinacoteca e la biblioteca comunale ed è sede di eventi culturali. Proprio di fronte nell'immediato ultimo dopoguerra, in uno stabile poi demolito, fu aperto un casinò, che subito attirò appassionati, e primo di tutti il regista Vittorio De Sica, accanito giocatore che perse una fortuna al gioco durante tutta una vita. Però attirò anche delinquenti vari, creando tali problemi da essere chiusa definitivamente dalle autorità – dopo soli pochi mesi dall'inaugurazione – per motivi di ordine pubblico.
Prendendola un po' alla lontana, torniamo a Ma chi l'avrebbe mai detto con una citazione: "La Corte di Cassazione ha stabilito che un trentenne che rifiuta una sistemazione da lui ritenuta non all'altezza delle sue aspirazioni ha diritto al mantenimento da parte della famiglia". Era il 2002 e anche se anni dopo i giovani italiani sono stati definiti "bamboccioni", che la mamma sia sempre la mamma è cosa risaputa. D'altronde, già nel 1940, Beniamino Gigli (e dopo di lui Claudio Villa) cantava "Mamma, son tanto felice perché ritorno da te. La mia canzone ti dice ch'è il più bel giorno per me! Mamma son tanto felice...Viver lontano perché?". E così le mamme, con spesso sul groppone i figli per quanto cresciuti, faticano a trovare una loro identità; ancor di più quando accade che i nostri papà non siano proprio stinchi di santi! È quanto avviene appunto in Ma chi l’avrebbe mai detto. Emma (Ornella Muti) sposata con Paolo (Paolo Malco), si rende conto di avere un bel paio di corna (lo scopre addirittura il giorno del matrimonio della figlia Betta, interpretata da Valentina D'Agostino). Comunque, bella com'è perché mai dovrebbe abbattersi? Difatti incontra lo l'immigrato Yassin, interpretato da Kledi Kadiu. Certo, è più giovane di lei di svariati lustri, ma si parla pur sempre della Muti! (Vedi qui:
Come se non bastasse, Emma riesce pure a trovare lavoro, trasformando la sua passione in un negozio dal nome che è un programma: Rose e Fiori. Tutto questo grazie anche alla vicinanza dell'amica Camilla (Katia Ricciarelli). Ma ciò che ci si chiede fino alla fine è: ce la farà Emma a vivere davvero la sua vita? Bella domanda, giacché nell'ultima scena si vede di nuovo la figlia irrompere dalla porta d'ingresso. Nel cast della miniserie, oltre a Ornella Muti e Katia Ricciarelli – cantante lirica di fama internazionale, poi rivelatasi pure dignitosa attrice – come scritto compare anche Kledi Kadiu, il giovane ballerino diplomatosi all'accademia di danza del teatro dell'Opera di Tirana, divenendo primo ballerino dal 1984 al '92, e che dal 1998 lavora come attore. Ora, dove ambientare questa miniserie, visto che la protagonista è una donna che ha il pollice verde e apre il Rosa e Fiori, se non a Roseto degli Abruzzi, altrimenti nota come Lido delle Rose?
Sempre in frazione Montepagano c'è il "Museo della cultura materiale", nato nel 1987 su iniziativa di alcuni cittadini: si presenta come una vera e propria casa contadina antica, con stanze, arredamenti e suppellettili dell'epoca. A Roseto degli Abruzzi si tiene il festival "Roseto Opera Prima", ideato dal regista Tonino Valerii nel 1996 e dedicato ai film diretti da registi esordienti. A proposito di emergenti e di opere prime, e puntando di nuovo i riflettori sui rapporti familiari, all'inizio con Ma chi l'avrebbe mai detto abbiamo accennato di madri e figli, e adesso invece ci soffermiamo un po' sui rapporti che intercorrono tra fratelli. Ma fate ben attenzione, perché questa volta si cambia completamente registro (e regista!) e i toni si tingono di rosso. Rosso sangue. Sangue a fiumi. Perché parliamo di Blade killer – l’inferno di Nicholas (1999) di Alex Visani, che fa interpretare il suo horror a Franco Topitti e Laura T. Spara (Laura ti spara: è perfetto per un film di questo genere!), pure lei alla sua prima volta. La storia è un viaggio nella mente folle e malata di Nicholas, il personaggio principale, che poverino deve sorbirsi la sorella Angela (un nome, una smentita!) per certi versi più matta del fratello. È infatti lei che, a conoscenza del passato traumatico e sconvolgente di lui, piazza nella tasca di una delle sue amiche/nemiche un medaglione a forma di ruota seghettata, legato a quel torbido passato, e che scatenerà la furia omicida del ragazzo. La pellicola, mai uscita nei cinema, fu girata tra l'Abruzzo (location appunto a Roseto degli Abruzzi nella vera casa del regista in via Ovidio e nella limitrofa spiaggia libera) e l'Umbria (dove sono ambientate invece le scene della "coscienza") in circa tre settimane, con un budget di appena mezzo milione delle vecchie lire. Con dei fondi così ridotti è scusabile qualche imperizia registica (un po' meno forse qualche confusione nella storia), in un film che tutto sommato si lascia guardare, anche perché tra sangue e omicidi, spicca un minimo di rappresentazione sociale, relativo alla descrizione degli emarginati. (Vedi qui:
Location in Abruzzo
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