Gli amanti
Può un film dalla trama alquanto scontata e, per certi versi, che risulta anche un po' assurda, trasformarsi in un capolavoro, in una pietra miliare del cinema del secondo dopoguerra? La risposta è sì, se dietro a quella pellicola cinematografica c'è un grande regista, oltre a una colonna sonora che arricchisce la sceneggiatura e la fotografia. Un esempio calzante è dato proprio da questo film Gli amanti (Les amants, è il titolo originale) del 1958, la seconda pellicola di uno dei maggiori registi francesi, Louis Malle, autore di capolavori quali Ascensore per il patibolo, Fuoco fatuo, Cognome e nome: Lacombe Lucien, Pretty baby, Atlantic City, Arrivederci ragazzi. Malle viene considerato da molti un rappresentante della Nouvelle vague, ma fu lo stesso regista a precisare che fu, tutt'al più, un fiancheggiatore, un compagno di strada di questo celeberrimo movimento cinematografico, più che un suo esponente.
Gli amanti, che ottenne il premio speciale al Festival cinematografico di Venezia nel 1958, è come si è già accennato un film banale non negli intenti, ovviamente, ma nell'esiguità della sua trama (tratta dal racconto Pont de Lendemain di Dominique Vivant-Denon) che si basa sulla storia di Jeanne (interpretata dalla meravigliosa Jeanne Moreau, nel massimo del suo fascino), un'annoiata e benestante donna della media borghesia, che trascorre le sue giornate con le amiche, frequentando salotti, saloni di bellezza e quei tipici posti cari al jet-set della sua classe sociale. Jeanne è sposata con Henry (che ha il volto dell'attore Alain Cuny), direttore di un quotidiano, uomo freddo, chiuso, raffinato intellettuale il quale, dopo otto anni di matrimonio, non ha più alcun rapporto con la moglie, nonostante il fatto che la coppia abbia avuto da pochissimo tempo un bambino. Jeanne soffre questa situazione, non l'accetta, perché in fondo sente ancora di amare il marito, ma un po' per vincere la noia, un po' per punire il comportamento distaccato del consorte perennemente immerso nel suo lavoro e nei suoi beneamati libri, decide di accettare, soprattutto per gioco, le attenzioni di un campione di polo, Raoul (l'affascinante attore spagnolo José Luis De Villalonga), che l'amica d’infanzia Maggie (Judith Magre) – alla quale ha confessato il suo disagio e il suo dolore di moglie trascurata – le presenta a Parigi durante un incontro mondano alla fine di una partita di polo.
Ebbene, quando il maritino viene a sapere che la cara mogliettina ha messo gli occhi addosso all'aitante e focoso giocatore di polo, che cosa ti escogita? Semplice, per tastare la situazione di potenziali corna in arrivo, decide di invitare nella villa che la coppia possiede a Vandenesse, a poca distanza da Digione, nel cuore della Borgogna, proprio il fascinoso Raoul e Maggie, e trascorrere tutti insieme appassionatamente il fine settimana. Ma ecco che arriva l'inevitabile colpo di scena, quando Jeanne, a bordo della sua macchina con la quale sta raggiungendo da sola la villa, ha un incidente che la costringe a chiedere un passaggio a Bernard (Jean-Marc Bory), un giovane e romantico appassionato di archeologia. Dapprima lei lo tratta con distacco, con freddezza, poiché lo considera solo un giovinastro da non degnare nemmeno di uno sguardo (tanto nella villa troverà il "suo" Raoul!), ma quando giunge a Vandenesse, portandosi dietro il mite e sognatore Bernard, invitato anche lui a spassarsela nella magione, si rende conto che il giocatore di polo è solo un pavido e un vigliacco, incapace di tenere testa al maritino che si sta gustando una saporitissima vendetta. Jeanne si rende allora conto che quel giovane delicato e timido è un uomo al quale chiedere quelle attenzioni, quell'affetto, quell'amore che lei non ha più da molto tempo. Così, dopo aver passato con lui una notte d'amore (la scena in questione causò scandalo all'epoca) e aver dato un'ultima carezza al suo bimbo che dorme placidamente nel suo lettino, Jeanne e Bernard all'alba lasciano la villa, tra gli sguardi attoniti degli altri presenti, e a bordo della Citroën a due cavalli di lui affrontano insieme con timore, ma con il sorriso sulle labbra, una nuova vita.
Da come si può desumere facilmente, l'esiguità della trama, nelle mani sagaci di Malle, viene trasformata e arricchita dall'intensità interpretativa degli attori, a cominciare da una superba Jeanne Moreau che delinea con il suo personaggio il simbolo stesso di un disagio esistenziale che non viene compreso e accettato se non dal suo giovane amante e, per ciò che ci può interessare maggiormente all'interno di questa rubrica, dalla scelta della colonna musicale fatta dallo stesso regista francese.
Una colonna musicale che più "classica" non si potrebbe definire, visto che Malle, per tratteggiare questo disagio, condito da delicatezza e da una marcata incomprensione del personaggio di Jeanne, decise di utilizzare una parte dell'Andante, ma moderato del primo sestetto per archi in si bemolle maggiore Op. 18 di Johannes Brahms, uno dei vertici assoluti della musica da camera tardoromantica. La maestosa bellezza di questo brano, la sua purezza nelle linee degli archi può essere ben compresa dal trailer originale della pellicola. Vedi qui:
Brahms compose questo primo sestetto per archi tra il 1858 e il 1860 e il secondo movimento, l'Andante, ma moderato, è formato da una serie di variazioni, quello che fu il genere prediletto da Brahms. E il tema introduttivo (proprio quello utilizzato da Louis Malle per il suo film) è una stupenda e nobilissima, dolente marcia, frutto della straordinaria inventiva del compositore tedesco, dalla quale seguono sei variazioni (non incluse nel tema della pellicola). Questo straordinario pezzo ha il merito di diluire, di filtrare, di ammorbidire le linee tematiche della sceneggiatura, di far percepire la reale personalità di Jeanne, i suoi desideri, i suoi sogni, le sue perplessità che si materializzano nella scena finale del film, con i due amanti che guardano avanti, attraverso il parabrezza della macchina, per cercare di scorgere il futuro che li attende.
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